ROLESCHEME Octavia

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Rimase in silenzio anche lei: non le serviva guardare di lato per percepire lo sguardo dell'uomo che per un istante l'aveva sfiorata di nuovo. Con gli occhi bene aperti in direzione della strada ascoltava con concentrata cupidigia il vuoto davanti a lei, ritmando il proprio respiro in fase con i propri passi. I capelli ondeggiavano in quegli splendidi boccoli finemente curati vittime del vento, come se si volessero allontanare da lei ma, allo stesso tempo legati in una forzata convivenza. Camminò, incurvando le labbra tronfia e soddisfatta, con le braccia che pendevano candide contro il corpo, regina di quel fato mortale che aveva deciso di accogliere ed abbracciare per sempre.
Ed ora il "finché morte non ci separi" le era più chiaro che mai.
Quando lo vide sorridere si voltò, quasi di scatto, osservando come si venivano a formare le fossette nelle sue guance, come la pelle negli zigomi si innalzasse e come gli occhi, due pozze d'acqua limpida, uno specchio per le allodole di tanta e continua lordura, diventassero piccoli piccoli. Era quello che voleva vedere: voleva vedere quel guizzo di follia e compiacimento che l'avevano portata a perdersi per sempre nel baratro della violenza e di quel connubio di sentimenti che sembrava, allo stesso tempo, volerli annullare. Nel momento in cui si fermarono, Octavia osservò l'immagine della luna, piena e bianca, candida e diafana nel cielo riflettersi nel fetido fiume, dalle acque salmastre e violacee, vittime dell'inquinamento e della noncuranza nei confronti della natura che circondava gli americani tutti. Ascoltò le sue parole e corrugò la fronte. Non ebbe il tempo di controbattere che con un sorriso smaliziato si accorse che l'uomo, al suo fianco, aveva capito perfettamente cosa stava per dire. Non gli aveva concesso di comandarla, si era sottratta all'obbligo di uccidere la sua famiglia, non le avrebbe dato un nomignolo come si fa con un cucciolo appena trovato in un cassonetto. Con l'inclinare della sua testa potè vedere come i raggi della luna riflettevano candidi sulla sua pelle e sorrise, notando quanta arte potesse esserci in un corpo continuamente trasfigurato da una violenza dilagante. Sapeva perfettamente quanto la propria mente fosse un libro aperto per lui, e non cercava nemmeno di nascondere i suoi pensieri, dato che gli bastava un solo e diretto sguardo per percepire qualsiasi cosa le passasse per la testa.
Rapidamente sente le prime ciocche di capelli, quelle più distanti, scivolare dalla sua presa ferrea e sfiorare l'acqua fetida del fiume, si scosse, schifata dal sudiciume che deturpava la sua splendida capigliatura piuttosto che dalla posizione instabile ed ascoltò le sue parole con un sospiro, quasi emozionato: aveva ragione, ma non glielo avrebbe detto. Avrebbe potuto tranquillamente leggere nel proprio pensiero quanto fosse diversa la sua concezione di sofferenza e dolore, distante più metafisica, alle volte più sadica della sua. "Non è lo scorrere del sangue che mi appaga." Poi chiuse gli occhi, ritrovandosi ad avvicinare violentemente la testa alla sua, fronte a fronte, per poi voltarsi leggermente di lato ed assicurarsi che i capelli non fossero in acqua. Così, poteva avere pieno appiglio alla sua camicia, che strinse lentamente per non dargli la soddisfazione d'aggrapparsi a lui con le gambe. L'umidità e l'odore della sua saliva, denso e pregnante nelle proprie narici, sfiorò il suo orecchio facendola rabbrividire, come la fece rabbrividire quella sola parola.
Pestilenza.
In un attimo, contrasse tutti i muscoli come in preda ad uno spasmo incontrollato, poi, volse la testa senza interrompere quel contatto mai avuto prima di quell'istante, le mani ben aggrappate contro la sua camicia opponevano resistenza ad una posizione completamente instabile e adesso anche i loro nasi si toccavano.
« Irato al Sire / destò quel Dio nel campo un feral morbo, / e la gente perìa.» Sospirò in un italiano biascicato senza sfiorare le sue labbra. Non era certa che potesse comprenderlo, quindi si premurò in un sussurro di tradurre, ritrovandosi a parlare con gli occhi chiusi e l'espressione beata. «Preso dall'ira nei confronti del Re, quel Dio, diffuse la pestilenza nell'accampamento. E la gente moriva.» Rise.
Si lasciò scappare una risata estatica, di gusto e piacere, mentre adesso abbandonava la testa indietro, lasciando che i capelli s'insozzassero d'acqua fetida. «E moriva. E moriva.»